Nel 2027 Roma potrebbe assistere a una svolta storica e forse un po’ surreale: la sua prima candidata sindaca interamente generata dall’intelligenza artificiale. Si chiama Francesca Giubelli ed è un’influencer virtuale con tanto di foto con animali da compagnia, viaggi in aereo, divisa giallorossa e le immancabili #ADV.
Giubelli è da poco diventata il volto della lista civica AIRoma, che promette una rivoluzione nella governance cittadina attraverso un modello più efficiente, trasparente e partecipativo. Dietro questa creatura digitale c’è un team di sviluppatori italiani che ha affidato a sistemi di intelligenza artificiale la definizione dell’identità, del programma elettorale e della strategia comunicativa della candidata, in un esperimento pionieristico nel panorama politico europeo.
Il progetto nasce con l’ambizione di superare le inefficienze e le mancanze della politica tradizionale, offrendo una figura “pulita” da scandali, capace di analizzare dati in tempo reale e di dialogare con la cittadinanza 24 ore su 24, senza cali di attenzione o manipolazioni emotive.
Per i suoi creatori non si tratta solo un esercizio di stile tecnologico: dietro c’è la proposta di aprire quella che definiscono come una nuova frontiera democratica, in cui il confine tra reale e virtuale si fa sempre più sottile. Con l’uso di questi strumenti, la volontà è anche quella di provocare, come accade a Taranto con Anna Luce D’Amico, la prima candidata sindaca italiana creata interamente con l’intelligenza artificiale generativa. Ideata da un team di creativi e tecnologi, la candidata virtuale è frutto di un progetto provocatorio e sperimentale che invita a riflettere sull’effettiva capacità della politica attuale di ascoltare, interpretare e risolvere i problemi dei cittadini. Anche a Rende, in Calabria, per le elezioni comunali del 2025 è spuntato candidato sui generis: Gennaro Chiappetta, soprannominato “U sindacu”, avatar digitale che partecipa alla campagna elettorale interagendo in tempo reale sui social con elettori e giornalisti.
Non sempre gli scopi di questi esperimenti sono disinteressati. Un’indagine recente di Check Point Research ha evidenziato che almeno dieci paesi hanno implementato nelle ultime tornate elettorali l’utilizzo di intelligenza artificiale per produrre contenuti persuasivi, manipolativi o addirittura disinformativi, diffusi soprattutto nei giorni immediatamente precedenti al voto. In queste strategie rientrano la creazione automatica di discorsi, la gestione di campagne social e perfino la produzione di deepfake per auto-promozione o attacchi agli avversari.
Emblematico è il caso del vice premier Matteo Salvini che, in occasione delle elezioni europee dello scorso anno, ha deciso di utilizzare l’intelligenza artificiale generativa per creare e condividere sui social manifesti elettorali e slogan politici dal tono denigratorio e polemico nei confronti della comunità LGBTQ+ e dei migranti, oltre tutto senza specificare che quei contenuti fossero stati generati da IA.
L’Italia non è la sola a sperimentare in questo ambito. Nel mondo, i casi di candidature politiche virtuali o di IA impegnate nella comunicazione elettorale si moltiplicano.
Tra gli esempi più noti, c’è AI Steve nel Regno Unito, alter ego IA del candidato alle elezioni politiche del 2024 Steve Endacott, guidato da un’intelligenza artificiale generativa creata per interagire direttamente con gli elettori e sviluppare in tempo reale un programma politico basato sulle loro istanze. In India, durante la campagna elettorale del 2024, Senthil Nayagam con la sua start-up Muonium ha utilizzato l’IA generativa per produrre video realistici con le sembianze e la voce di politici famosi e personaggi noti scomparsi da tempo, come Rajiv Gandhi, Indira Gandhi, Narasimha Rao e Atal Bihari Vajpayee. “Stiamo usando l’intelligenza artificiale, ma lo facciamo con buone intenzioni”, ha commentato Nayagam e “non vogliamo abusare della tecnologia o creare deepfake”.
Anche nel confinante Pakistan, l’anno scorso l’ex premier Imran Khan ha utilizzato l’IA per fare campagna elettorale dal carcere dove era stato rinchiuso dagli oppositori al fine di impedire la rielezione del suo partito. Inoltre, i suoi sostenitori hanno sfruttato l’IA generativa per diffondere sui social media e sulle piattaforme di messaggistica messaggi di supporto utilizzando l’immagine e la voce del leader. In questo modo, gli elettori sono riusciti a contrastare la propaganda elettorale e il divieto di organizzare comizi imposto dal governo, permettendo a Khan di vincere le elezioni, nonostante l’impossibilità di partecipare fisicamente.
Tutti questi sono segnali di una trasformazione che riguarda non solo la forma della comunicazione politica, ma anche la sostanza del rapporto tra rappresentanti e rappresentati.
Se oggi la politica digitale sembra alzare sempre più il tiro sull’uso di IA e deepfake, la cultura pop aveva già immaginato queste dinamiche anni fa. Nel celebre episodio The Waldo Moment (2023) della serie Black Mirror, un personaggio animato digitalmente nato come forma di satira – Waldo, un orso blu irriverente – si candida alle elezioni politiche e riesce a conquistare il favore degli elettori grazie a un linguaggio diretto, provocatorio e lontano dai cliché della politica tradizionale. Quel racconto, oggi quasi profetico, anticipava i rischi e le opportunità della comunicazione politica mediata dalle nuove tecnologie, mettendo in guardia sui meccanismi di manipolazione e sull’erosione del rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.
L’arrivo di candidati politici generati da intelligenza artificiale pone domande profonde su cosa significhi oggi partecipare alla democrazia. Se da un lato l’IA può rendere più efficaci e personalizzate le campagne, offrendo informazioni chiare e aggiornate, dall’altro rischia di spersonalizzare il confronto politico, trasformando il dibattito in un’arena dominata da algoritmi e strategie di marketing digitale. Davide Bennato, professore di Sociologia dei media digitali all’Università di Catania, sostiene che queste candidature sono anche uno specchio delle nostre aspettative e del nostro grado di disillusione verso la politica umana: “la politica è diventata semplicemente vuoto esercizio di retorica a scapito di un impegno civile? – si chiede il professore – Se un’intelligenza artificiale è in grado di simulare in maniera credibile il programma politico di un candidato […] e relativo tono dei messaggi elettorali questo potrebbe indicare che la rappresentanza politica è diventata una raccolta di cliché fine a sé stessa incapace di intercettare il coinvolgimento della cittadinanza”.
In questo scenario, la trasparenza diventa un elemento cruciale: gli elettori devono sapere quando stanno interagendo con una IA, quali dati vengono usati per modellare i messaggi e quali interessi si celano dietro le campagne. Serve inoltre una regolamentazione aggiornata e rigorosa, in grado di contrastare la diffusione di fake news e contenuti manipolativi che possono minare la credibilità delle istituzioni e la libertà di scelta.
D’altro canto, come fa notare il magazine Magia News, l’IA può essere un’occasione per riavvicinare i cittadini a una politica percepita come distante, creando nuovi spazi di partecipazione e dibattito. Proviamo a immaginare candidati o sistemi politici capaci di ascoltare milioni di cittadini in tempo reale, di elaborare proposte basate su dati oggettivi, di stimolare il confronto pubblico senza i filtri delle ideologie o delle lobby. Questa visione, se ben governata, potrebbe portare a una politica più inclusiva, efficiente e realmente al servizio della comunità, con tutti i limiti e i rischi del caso.
Una cosa è certa: il fenomeno dell’intelligenza artificiale nella politica non è più un orizzonte futuro, ma una realtà in divenire che invita a riflettere sul delicato equilibrio tra innovazione tecnologica, etica e partecipazione democratica. Il confine tra reale e virtuale si fa sempre più sfumato, e la sfida non riguarda solo la capacità di adottare nuove tecnologie, ma soprattutto quella di governarle per preservare la qualità del confronto politico e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Alessandro Mancini
Laureato in Editoria e Scrittura all’Università La Sapienza di Roma, è giornalista freelance, content creator e social media manager. Tra il 2018 e il 2020 è stato direttore editoriale della rivista online che ha fondato nel 2016, Artwave.it, specializzata in arte e cultura contemporanea. Scrive e parla soprattutto di arte contemporanea, lavoro, disuguaglianze e diritti sociali.