I NUOVI LIMITI DELL’ABITARE
di Fabio Gnassi
intervista a Peter Weiss
Le ambizioni interplanetarie della nostra società si misurano oggi con una sfida cruciale: la capacità di progettare e costruire infrastrutture abitative che consentano all’essere umano di oltrepassare i confini terrestri e insediarsi in ambienti fino a oggi considerati inospitali. L’Europa, erede di una secolare tradizione di esploratori e innovatori, si prepara a recitare un ruolo da protagonista in questa nuova fase della storia umana.
Cos’è Spartan Space e cosa ha ispirato la sua creazione?
Spartan Space è un’azienda francese specializzata nella progettazione e costruzione di sistemi abitativi per ambienti estremi, con l’obiettivo di sviluppare tecnologie che permettano alle persone di vivere e lavorare in questo tipo di condizioni.
Quando parlo di ambienti estremi mi riferisco sia allo spazio che a luoghi presenti sulla Terra, come le aree marittime o le regioni polari, io stesso prima di dedicarmi a questo progetto ho lavorato a lungo nel settore marittimo nel ramo della robotica subacquea e della ricerca.
Per quanto riguarda l’ambito dei viaggi spaziali sono sempre stato attratto da una parte del dibattito comune, quella che si domanda se le missioni spaziali debbano prevedere la presenza di robot o di esseri umani. Io penso che i robot siano degli ottimi strumenti, estremamente efficienti per svolgere determinati compiti, ma per un certo tipo di attività che richiedono creatività e ragionamento, l’essere umano non può essere sostituito. Tuttavia, la sua presenza nello spazio dipende dalla disponibilità di infrastrutture adeguate.
Spartan Space è nata con l’intento di portare avanti progetti e ricerche avviati da anni, che rischiavano di essere abbandonati a causa delle difficoltà economiche introdotte dalla pandemia. Attualmente, l’obiettivo principale dell’azienda è sviluppare un habitat per la missione Artemis. Crediamo che sia fondamentale che l’Europa contribuisca non solo alle attività in orbita, ma anche a quelle sulla superficie lunare. L’Europa è il continente degli esploratori, abbiamo un’eredità culturale rappresentata dall’esplorazione del nuovo mondo, che ci impone di non poter ignorare il fatto che tra due o tre anni vedremo degli astronauti americani sulla superficie lunare, i cittadini europei che con le tasse contribuiscono alla ricerca e allo sviluppo inizieranno a porsi delle domande sul perchè gli europei non sono coinvolti in questa operazione.
Potrebbe spiegare meglio il legame tra Stati Uniti ed Europa?
È importante sottolineare che la nostra azienda non si pone come competitor di SpaceX o Blue Origin, ma come un attore complementare al loro lavoro. Gli Stati Uniti sono già a uno stadio avanzato della missione Artemis, e il nostro obiettivo è contribuire con ciò che ancora manca. Per l’Europa non avrebbe senso concentrarsi sulla costruzione di razzi o infrastrutture per il decollo e l’atterraggio, ambiti in cui le aziende americane eccellono. Il nostro valore aggiunto sta nel fornire soluzioni per rendere abitabili questi ambienti estremi.
Un altro elemento distintivo rispetto alle principali aziende americane è il nostro approccio collaborativo. Noi non operiamo in modo isolato, ma sviluppiamo i nostri progetti in sinergia con diversi partner, sfruttando infrastrutture ed esperienze già esistenti.
Poiché l’obiettivo degli Stati Uniti è stabilire una presenza permanente sulla Luna attraverso la creazione di un campo base, un aspetto cruciale riguarda la catena di approvvigionamento necessaria al mantenimento dell’infrastruttura lunare. Tuttavia, attualmente gli americani sono concentrati sulla corsa a raggiungere il suolo lunare prima di Cina e altre potenze rivali, trascurando ciò che serve per garantire una presenza stabile e duratura. Ed è proprio qui che l’Europa può ritagliarsi un ruolo strategico. Le unità abitative sono solo un esempio di ciò che l’Europa potrebbe offrire. Oltre ad esse, ci sono altre componenti necessarie a garantire la fruibilità del suolo lunare, come le infrastrutture per la produzione di energia o i mezzi da utilizzare per potersi muovere su quel tipo di superficie. Le aziende europee sono oggi in grado di offrire soluzioni a questi problemi, ma devono essere veloci, altrimenti qualcun altro lo farà al posto loro. Noi abbiamo sia le risorse economiche che intellettuali, quello che manca al momento è la volontà politica.
Lei è specializzato in “Habitat e sistemi di supporto alla vita”. Quali sono le sfide e le fasi principali della progettazione e dello sviluppo di queste infrastrutture?
Stiamo sviluppando un concept di habitat lunare chiamato Eurohab, progettato come “habitat secondario”. Ciò significa che può essere collocato in un punto strategico che può essere raggiunto senza la presenza di esseri umani a bordo. Il suo scopo principale è estendere il raggio d’azione degli astronauti, i cui movimenti devono rimanere entro una distanza di sicurezza che consenta il rientro alla base in caso di emergenza. Eurohab funge quindi da rifugio di emergenza, permettendo missioni più lontane e prolungate.
Questa funzione richiede un design essenziale, incentrato esclusivamente sulle funzionalità di base necessarie alla sopravvivenza. Pur collaborando con architetti, la progettazione segue criteri tecnici piuttosto che estetici. Un esempio è l’assenza di finestre, eliminate per ridurre il peso e ottimizzare la configurazione strutturale.
Per i sistemi di supporto vitale, stiamo sviluppando una soluzione riutilizzabile integrata con la gestione dell’energia, basata sulla nostra innovativa cella a combustione. La progettazione di componenti riutilizzabili, capaci di operare sulla Luna e rientrare sulla Terra, rappresenta un elemento distintivo del nostro approccio.
Sebbene il vostro lavoro sia incentrato sull’esplorazione spaziale, molti dei vostri progetti sono stati concepiti anche per essere utilizzati in ambienti estremi sulla Terra. Potrebbe condividere alcuni esempi?
Tra i nostri progetti c’è anche un prototipo di piccola stazione sottomarina. Esistono numerose analogie tra l’ambiente lunare e quello subacqueo, motivo per cui molte delle soluzioni sviluppate per Eurohab possono essere adattate anche a questo contesto. Un esempio significativo è rappresentato dai sistemi di supporto vitale, che in entrambi i casi affrontano le stesse sfide. Per questo motivo, il nostro approccio mira a creare sinergie tra i due ambiti, favorendo il trasferimento di tecnologie da uno scenario all’altro.
Le soluzioni attualmente in fase di sviluppo consentono solo soggiorni di breve durata, anche a causa delle dimensioni ridotte delle strutture. Tuttavia, il nostro obiettivo è prolungare la permanenza, trasformando queste installazioni in vere e proprie stazioni di ricerca.
Nel vostro processo di progettazione, la simulazione delle prestazioni e l’ingegnerizzazione dei componenti svolgono un ruolo fondamentale. Potrebbe illustrarci questi processi e spiegare se utilizzate algoritmi di apprendimento automatico o altre forme di intelligenza artificiale?
Prima di tutto, vorrei precisare che non amo particolarmente la teoria e la burocrazia, preferisco costruire prototipi in modo rapido ed efficace. Questo perché, per quanto un progetto possa sembrare perfetto sulla carta o sullo schermo di un computer, solo quando lo si realizza fisicamente emergono le vere sfide e difficoltà da affrontare.
Ovviamente, la progettazione, l’ingegnerizzazione e la simulazione sono fasi essenziali, ma credo che in Europa ci sia un problema di approccio che ci porta a produrre innumerevoli report e simulazioni, ma alla fine costruiamo poco. Ci sono progetti che esistono da decenni solo sulla carta senza mai essere concretizzati, e personalmente non trovo questo metodo particolarmente efficace. Quando si sviluppano tecnologie di questo tipo, non basta considerare gli aspetti tecnici, ma anche quelli economici. Creare prototipi estremamente avanzati ma irrealizzabili a causa di costi proibitivi significa sconfinare nella fantascienza.
Detto ciò, anche noi investiamo tempo nella ricerca e nella progettazione, e l’intelligenza artificiale sta diventando sempre più presente in queste fasi.
Ad esempio, di recente abbiamo testato un modello generativo per progettare una tuta spaziale. Tuttavia, i risultati sono stati piuttosto deludenti, al punto che il design finale è stato interamente frutto dell’intelletto umano. Questo esperimento ha confermato la mia convinzione che, pur essendo uno strumento estremamente potente, l’AI richieda comunque la supervisione dell’uomo. Può offrire ispirazione, ma non la soluzione.
Nel campo dell’ingegnerizzazione, l’AI è particolarmente utile per identificare componenti standardizzati, come il miglior sensore di rilevamento della temperatura per un determinato contesto, ma non può sostituire il lavoro di un ingegnere. Un’applicazione particolarmente promettente riguarda la gestione degli habitat e della qualità dell’ambiente interno. Il nostro obiettivo è creare un’interazione dinamica tra l’essere umano e l’habitat, permettendo uno scambio di informazioni in tempo reale per ottimizzare le condizioni ambientali.
PETER WEISS
Peter Weiss (nato nel 1976) è un ingegnere tedesco con un dottorato in robotica spaziale. Ha studiato meccatronica presso l’Università di Scienze Applicate di Monaco e l’EPF di Parigi. Ha lavorato nel campo della robotica spaziale presso il Centro Aerospaziale Tedesco (DLR) e il Massachusetts Institute of Technology (MIT). Successivamente, si è occupato di robotica subacquea presso Cybernetix a Marsiglia. Peter ha completato la sua dissertazione di dottorato sulle sonde lunari presso l’Università Politecnica di Hong Kong.
In seguito, ha lavorato presso COMEX, gestendo la divisione spaziale dell’azienda. È stato responsabile di vari progetti legati ai voli spaziali umani e ha guidato il team di subacquei incaricati dell’addestramento subacqueo per astronauti europei. Ha partecipato alla costruzione dell’habitat SHEE e ha preso parte a diverse missioni di simulazione, tra cui APOLLO 11 UNDER THE SEA, MOONWALK, MOONDIVE e NEEMO23.
Nel 2021, Peter ha fondato la propria azienda, SPARTAN SPACE, specializzata in habitat per ambienti estremi. SPARTAN SPACE è coinvolta nello sviluppo di diversi habitat spaziali e subacquei, come i Moduli Europei di GATEWAY, EUROHAB e BOB.
Peter ha ricevuto il premio Apophis Mission Design e la Medaglia Francese per la Sicurezza Interna per aver fornito supporto psicologico alle famiglie delle vittime dell’incidente Germanwings come membro della Croce Rossa Francese. Vive con la sua famiglia a Marsiglia, nel sud della Francia, da 20 anni.