Nel videogioco Quest for Bush (o Night of Bush Capturing, 2006) un guerrigliero iracheno si fa largo tra le truppe statunitensi per uccidere l’ex presidente George W. Bush. È stato sviluppato da Global Islamic Media Front (GIMF), organizzazione vicina ad al Qaeda, ma la sua storia inizia nel 2002, quando lo statunitense Jesse Petrilla pubblicò Quest for Al-Qaeda, costruito con gli strumenti di sviluppo di Duke Nukem 3D (3D Realms, FormGen, 1996).
Nel gioco si impersonava un soldato USA che combatteva in Afghanistan, un deserto abitato da cammelli e miliziani che urlavano uno sconclusionato “Huminummanumma”. A fine anno Petrilla tornò con l’ancora più caricaturale Quest for Hussein, in cui i giocatori attaccavano l’Iraq per assassinarne il presidente Saddam Hussein. Mentre il governo statunitense preparava il terreno per giustificare l’invasione iniziata l’anno dopo, la propaganda diventa va 2.0, dove il contenuto digitale era creato direttamente dall’utenza.

L’anno successivo Petrilla pubblicò un remake di Quest for Hussein, Quest for Saddam, realizzato in Torque Game Engine. GIMF prese questo videogioco e lo rovesciò in Quest for Bush attraverso un mero “reskinning” (modifica degli elementi audiovisivi). Sostituì le foto di Hussein con quelle di Bush, i soldati mediorientali con quelli occidentali, e mise come colonna sonora un nashīd (canto) dedicato a Juba, leggendario cecchino della resistenza irachena.

Un cortocircuito che mandò in tilt gli USA. Petrilla dichiarò a The GW Hatchet che i suoi erano videogiochi satirici, mentre Quest for Bush “sta promuovendo la violenza” perché “uccidere soldati americani nel gioco non è sicuramente satira”. In un ulteriore capovolgimento, nel 2008 l’artista Wafaa Bilal, originario dell’Iraq, prese Quest for Bush e diede al protagonista le sue fattezze in Night of Bush Capturing: A Virtual Jihadi. Bilal perse un fratello nella guerra e diventò, e ci fece diventare, un attentatore suicida spinto da una propaganda permessa dalla propaganda (e dalle guerre) degli USA.
Matteo Lupetti si occupa di critica di arte, arte digitale e videogioco su testate come Artribune e Il Manifesto e all’estero. Ha fatto parte della redazione della rivista radicale menelique e della direzione artistica del festival di narrazioni di realtà Cretecon. Il suo primo libro è “UDO. Guida ai videogiochi nell’Antropocene” (Nuove Sido, Genova, 2023), rilettura del medium videoludico nell’epoca del cambiamento climatico e all’interno dei nuovi percorsi multisciplinari che mettono in primo piano il non umano e la sua agency.