OUT OF BOUNDS

La fantascienza fa la storia

a cura di Matteo Lupetti
La fantascienza fa la storia

La fantascienza cerca modi alternativi di dar senso all’universo, come ha affermato durante un incontro del Trieste Science+Fiction Festival lo scrittore statunitense Ted Chiang, autore di racconti di fantascienza come “Storia della tua vita” (incluso in Storie della tua vita e altri racconti, Ne/oN, 2025) da cui è stato tratto il film Arrival (Denis Villeneuve, 2016).

Dal 2022 il Trieste Science+Fiction Festival ospita anche una particolare sezione dedicata al videogioco, in pratica un sottofestival chiamato IVIPRO Days e organizzato in collaborazione con l’associazione Italian Videogame Program (IVIPRO). IVIPRO nasce con l’obiettivo di favorire i contatti tra studi di sviluppo di videogiochi e istituzioni, enti e organizzazioni che vogliano in qualche modo usare il videogioco per parlare di culture, storie e territori dell’Italia. Ma le attività di IVIPRO si sono espanse nel tempo, per esempio con iniziative per le scuole (Play/Ground e Press Start to Learn), l’organizzazione di un archivio videoludico (al momento non accessibile al pubblico) e corsi di game design per la creazione di videogiochi legati al patrimonio culturale e al territorio. E anche gli IVIPRO Days sono in qualche modo cambiati, passando da evento piuttosto istituzionale a una più ampia discussione sui rapporti tra videogiochi, media e culture.

Nell’edizione 2025, iniziata come ormai d’abitudine online e continuata in presenza a Trieste, gli IVIPRO Days hanno anche guadagnato per la prima volta un’intera giornata più esplicitamente indirizzata a chi lavora o vuole lavorare nel settore e dedicata principalmente all’incontro con rappresentanti di industrie videoludiche estere (in questo caso di Slovacchia, Austria, Serbia e Croazia). Da come ne ho parlato, anche se gli IVIPRO Days si svolgono all’interno del Trieste Science+Fiction Festival non sembrerebbero un evento di videogioco fantascientifico o più in generale di fantascienza. Ed eppure lo sono, perché il videogioco è tutto fantascientifico.

Ted Chiang and Vera Gheno at Trieste Science+Fiction.

Anni fa sostenni questa tesi per il numero zero della sfortunata rivista italiana Kuma realizzata da Stay Nerd con il supporto di Lazio Innova. Affermai che “ogni videogioco è fantascientifico”, richiamando esplicitamente, ed espandendo, la proposta di vedere il videogioco “come in generale un meta-medium del genere cyberpunk”avanzata dallo studioso di narrazioni speculative Pawe? Frelik nel capitolo dedicato al videogioco in The Routledge Companion to Cyberpunk Culture (a cura di Anna McFarlane, Lars Schmeink, Graham Murphy, Routledge, 2019). Per Frelik il videogioco può essere visto come un medium cyberpunk perché riflette a volte esplicitamente e a volte implicitamente l’evoluzione del nostro rapporto cyborg con tecnologia, mondi (realtà) virtuali e l’industria che controlla questi mondi. Frelik stava riprendendo la proposta di Brooks Landon (“Diegetic or Digital? The Convergence of Science-Fiction Literature and Science-Fiction Film in Hypermedia”, in Alien Zone II The Spaces of Science Fiction Cinema, a cura di Annette Kuhn, Verso, 1999) per cui il cinema è, nel suo complesso, un medium fantascientifico, soprattutto ma non solo nel suo primo periodo (1894-1906), in quanto sarebbe nato non come narrazione ma come spettacolo “per suscitare lo stesso senso di meraviglia e di scoperta suscitato dalla letteratura fantascientifica”. Si potrebbe dire una cosa simile del videogioco, anche qui partendo dal videogioco delle origini e dal suo uso per mettere alla prova e dimostrare le potenzialità della tecnologia informatica. Dal punto di vista narrativo, se la fantascienza ci propone qualcosa di comparabile a lunghi ed elaborati esperimenti mentali (i modi alternativi di dar senso all’universo di cui parlava Chiang), il videogioco ci permette effettivamente di giocare con questi esperimenti (fanta)scientifici. Nel videogioco di troviamo spesso in mondi che funzionano diversamente da quello fisico, ma si tratta comunque di mondi internamente coerenti e almeno apparentemente prevedibili, mondi di cui scopriamo il funzionamento attraverso tentativi e fallimenti. Cioè, appunto, facendo esperimenti.

Mi pare chiaramente essere un esperimento mentale da giocare, per esempio, uno dei videogiochi discussi durante gli IVIPRO Days 2025: Becoming Saint (Open Lab Games, Firesquid, 2P Games, 2025). Nell’intervento intitolato “Narrativa incrementale in Becoming Saint”, Pietro Polsinelli di Open Lab Games ha raccontato la genesi dell’opera, ambientata nell’Italia della metà del XIV secolo. In Becoming Saint creiamo e gestiamo una setta cristiana, definendone passo passo la regola e convertendo le città italiane per conquistare, dopo la nostra inevitabile morte o persino mentre siamo ancora in vita, il riconoscimento della nostra santità. È un videogioco di battaglie tattiche, perché i tentativi di conversione (pur non provocando morti) sono rappresentati come piccoli combattimenti tra le persone che abbiamo attratto nella nostra setta e quelle che abitano nei centri urbani su cui marciamo nei vari capitoli/mesi in cui la partita è divisa. Ma Becoming Saint, come Polsinelli ha spiegato, è soprattutto un gioco sulla nostra società e sulla sua evoluzione. Ci pone all’inizio del capitalismo italiano ed europeo, ci chiede quale strada avremmo voluto imboccare e ci dà modo di sperimentarla all’interno di una possibile sintesi del mondo fisico. Becoming Saint ci mostra come i videogiochi (e tutte le tecnologie) possono fare storia, cioè come costruiscono un’interpretazione della storia secondo le loro possibilità e i loro limiti. Ci mostra come le tecnologie producono la storia mentre la raccontano.

C’è a questo proposito una scena significativa nel film Level Five (1997) di Chris Marker, di cui già ho parlato su The Bunker. A un certo punto la protagonista, Laura (Catherine Belkhodja), discute un video legato alla battaglia del 1944 tra esercito statunitense ed esercito giapponese per il controllo delle isole Marianne, nell’Oceano Pacifico. Una donna giapponese viene ripresa da un cineoperatore statunitense mentre sale in cima a una scogliera sull’isola di Saipan. La propaganda imperiale giapponese ha ordinato sia alle truppe sia alla popolazione civile di non accettare la vergogna della cattura e anzi di mostrare con la morte la fermezza della loro fedeltà: la donna sta andando a suicidarsi. All’ultimo momento si gira, vede la telecamera che la sta riprendendo. Si butta. “Abbiamo certezza che avrebbe davvero saltato se all’ultimo momento non si fosse accorta di essere guardata?”si chiede Laura. “La donna di Saipan ha visto la telecamera e ha capito che quei demoni stranieri non solo la stavano braccando, ma che avrebbero mostrato a tutti che non aveva avuto il coraggio di saltare. E quindi salta”. Ecco la rappresentazione della storia che crea, che produce la storia stessa, la mappa che produce il territorio.

Pietro Polsinelli, “Narrativa incrementale in Becoming Saint” at Trieste Science+Fiction Festival. By the author.

Nelle rassegne cinematografiche del Trieste Science+Fiction Festival 2025 è stato mostrato OBEX di Albert Birney (2025). Nel 1987, Conor vive quasi confinato nella sua casa insieme alla cagnolina Sandy, realizza al computer su commissione ritratti composti solo di caratteri tipografici, guarda e registra film e pensa che “un giorno vivremo tutti dentro i computer, pure i cani”. È quello che succede quando ordina via posta un nuovo videogioco che imprigiona Sandy e lo costringe a viaggiare attraverso il suo mondo fantasy per salvarla.

Conor entra però nel videogioco uscendo di casa, ed esce di casa entrando nel videogioco: la distinzione tra dentro e fuori, tra mondo fisico e simulazione di un immaginario mondo fantastico, è ambigua e incerta. Perché noi sappiamo di vivere davvero, oggi, dentro un computer, cioè che il nostro mondo è plasmato dai sistemi computazionali con cui ormai lo pensiamo. È la consapevolezza, in un certo senso terribile ma per questo necessaria da investigare, che il nostro mondo è coprodotto dalle nostre tecnologie. Che la fantascienza e il medium fantascientifico del videogioco coproducono la storia.

MATTEO LUPETTI

Matteo Lupetti si occupa di critica di arte, arte digitale e videogioco su testate come Artribune e Il Manifesto e all’estero. Ha fatto parte della redazione della rivista radicale menelique e della direzione artistica del festival di narrazioni di realtà Cretecon. Il suo primo libro è “UDO. Guida ai videogiochi nell’Antropocene” (Nuove Sido, Genova, 2023), rilettura del medium videoludico nell’epoca del cambiamento climatico e all’interno dei nuovi percorsi multisciplinari che mettono in primo piano il non umano e la sua agency.