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L’umanità secondo Peter Thiel (e perché dovremmo preoccuparci)

L’umanità secondo Peter Thiel (e perché dovremmo preoccuparci)

“Vuoi che l’umanità sopravviva?” È una domanda che dovrebbe ricevere un “sì” immediato, limpido, convinto. E invece, Peter Thiel — investitore miliardario, co-fondatore di PayPal e Palantir, finanziatore di Trump e delle startup più audaci della Silicon Valley — ci pensa. Tentenna. Prende tempo. Esita per diversi secondi, come se stesse valutando i pro e i contro. Solo incalzato, alla fine risponde, poco convintamente: “sì”. Ma quel sì non basta. Perché a uno come Thiel il futuro interessa, ma non nel modo che ci aspetteremmo noi, persone comuni.

Nell’intervista rilasciata lo scorso 25 giugno a Ross Douthat per la rubrica “Interesting Times” del New York Times, Thiel mostra chiaramente la sua visione del mondo: nichilista, apocalittica, ossessionata dalla stagnazione e dalla decadenza. Per lui, siamo troppo timidi, troppo poco ambiziosi. Il progresso si è fermato intorno al 1970: “non abbiamo fatto più nulla di veramente grande”, sostiene. E l’unica vera eccezione alla paralisi è l’intelligenza artificiale, campo in cui ha investito miliardi, sognando la “cascata supertecnologica” che ci porterà a curare la demenza, conquistare Marte, vivere per sempre.

Thiel crede nel transumanesimo, ovvero nella possibilità di superare i limiti biologici e mentali dell’essere umano grazie alla tecnologia. Ma dietro questa ideologia futurista si nasconde una visione profondamente elitaria e distopica. Per Thiel, l’umanità va salvata solo se può diventare qualcosa di diverso da sé: potenziata, evoluta, fusa con le macchine. L’essere umano medio, debole, inefficiente, mortale, gli appare sempre meno interessante.

Quando Douthat gli chiede un’opinione sull’”Anticristo”, Thiel risponde con una provocazione che suona come una rivelazione: “potrebbe essere Greta Thunberg”. La giovane attivista svedese, secondo lui, incarna l’ideologia dell’”anti-crescita”, una forma di autoritarismo ambientale che, in nome della salvezza del pianeta, vorrebbe fermare il progresso scientifico e tecnologico. Un nuovo totalitarismo verde pronto a sacrificare l’umanità sull’altare della CO?.

Nel pensiero di Thiel, c’è un binomio tragico e ineluttabile: o l’umanità si affida a un Anticristo che la governerà in modo totalitario per salvarla dal disastro, oppure affronta l’Armageddon. Nessuna via di mezzo. Nessun compromesso. E chi propone modelli alternativi — meno accelerazionisti, più sostenibili — viene tacciato di essere un nemico del progresso, un millantatore.

Ma chi è davvero Peter Thiel? È uno degli oligarchi del nostro tempo. E no, non parliamo più degli oligarchi per antonomasia, quelli russi. Dopo la rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca, il termine “oligarca” ha iniziato ad assumere infatti un nuovo significato: è l’élite finanziaria e tecnologica statunitense — da Musk a Bezos, da Zuckerberg a Thiel stesso — a detenere oggi un potere che travalica le istituzioni democratiche, capace di influenzare guerre, elezioni, mercati, algoritmi e perfino sogni.

È in questo contesto che il transumanesimo ha smesso di essere una corrente filosofica di nicchia ed è diventato un braccio operativo del potere. Una religione laica con i suoi dogmi: la morte è solo un problema tecnico da risolvere, il corpo umano è un hardware obsoleto da potenziare, la coscienza può essere caricata su cloud. I suoi profeti? Thiel, Musk, Altman, Kurzweil. I suoi laboratori? Silicon Valley, ma anche Dubai, Singapore, le isole galleggianti dove si sperimentano società senza tasse, senza leggi, senza democrazia.

Ma tutto questo — vien da chiedersi — in nome di cosa? Per il bene dell’umanità? O per il sogno narcisistico di una ristretta élite che vuole salvarsi dall’umanità stessa?

Una visione del futuro che presenta un grande paradosso: i magnati del tech sono ossessionati dal futuro, ma sembrano aver dimenticato il presente. Colonizzare Marte, vivere per sempre, fondare città autonome nello spazio… Ma intanto, qui sulla Terra, il cambiamento climatico avanza, le disuguaglianze si allargano, le guerre sconvolgono gli equilibri mondiali, mentre milioni di persone non hanno accesso all’acqua, all’istruzione, alla sanità. Che senso ha immaginare come vivere per sempre se non riusciamo nemmeno a vivere decentemente adesso?

Forse è tempo di ricordare ai Thiel e ai Musk di turno una verità elementare: prima di voler salvare l’umanità, bisogna volerle bene. E prima di cercare nuove case tra le stelle, dovremmo prenderci cura dell’unica che abbiamo. Perché se trattiamo Marte come abbiamo trattato la Terra, non ci sarà IA che potrà salvarci da noi stessi.

Alessandro Mancini

Laureato in Editoria e Scrittura all’Università La Sapienza di Roma, è giornalista freelance, content creator e social media manager. Tra il 2018 e il 2020 è stato direttore editoriale della rivista online che ha fondato nel 2016, Artwave.it, specializzata in arte e cultura contemporanea. Scrive e parla soprattutto di arte contemporanea, lavoro, disuguaglianze e diritti sociali.