Valutata oltre 380 miliardi di dollari, Palantir Technologies è oggi una delle aziende più potenti – e opache – del panorama tech globale. Fondata nel 2003 da Peter Thiel, insieme ad Alex Karp e altri investitori legati a PayPal, ha costruito il suo impero promettendo di rendere i dati comprensibili per governi, eserciti e multinazionali. La sua crescita vertiginosa e i legami sempre più stretti con la politica e le forze armate pongono però interrogativi cruciali su privacy, democrazia e concentrazione del potere.
Come racconta StartMag, nel secondo trimestre 2025 Palantir ha superato un miliardo di dollari di fatturato trimestrale, con una crescita del 53% nei contratti governativi USA e un valore di mercato che la colloca tra le prime dieci tech americane. Contratti miliardari con il Pentagono, la Homeland Security e l’ICE – che usa i suoi sistemi per monitorare migranti e deportazioni – la rendono un attore centrale nelle infrastrutture digitali critiche.
La sua influenza non si ferma agli Stati Uniti. Secondo Il Post, l’azienda sta accelerando la penetrazione in Europa, siglando contratti in settori sensibili come sanità e difesa, spesso senza un reale dibattito pubblico. In Italia, ad esempio, i sistemi Palantir sono già usati per progetti di sicurezza informatica e per la gestione dei dati sanitari.
Ma se da un lato Palantir si presenta come un partner tecnologico “neutrale”, dall’altro i fatti raccontano una realtà più complessa. Come evidenziato da The Conversation, l’azienda è “il partner privilegiato delle agenzie di intelligence statunitensi”, mentre Al Jazeera ha documentato il ruolo delle sue tecnologie nelle operazioni militari a Gaza e nei raid dell’ICE.
Nell’intervista a Stefano Quintarelli, curata dalla redazione di Pubblico, newsletter della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, l’imprenditore, esperto di digitale ed ex parlamentare, avverte: «Palantir non si limita a sfruttare dati per fini commerciali, ma diventa il braccio tecnologico del potere statale, al servizio della sorveglianza e del controllo». Quintarelli sottolinea la mancanza di controlli indipendenti: oggi chi gestisce i sistemi può modificare o cancellare dati senza lasciare tracce.
Il rischio, come nota Cybersecurity360, è amplificato negli USA dal progetto – rilanciato dall’amministrazione Trump – di creare un mega-database nazionale che integri i dati di cittadini e non cittadini, con Palantir al centro.
L’Europa, grazie a un sistema istituzionale multilivello e a regolamenti come il GDPR, sembra più protetta da derive autoritarie, ma Quintarelli invita comunque a rafforzare le infrastrutture democratiche, per evitare che l’efficienza diventi l’unico criterio di governo.
Il caso Palantir dimostra come l’integrazione tra dati, algoritmi e potere politico stia ridisegnando il concetto stesso di governance. E lascia aperta una domanda cruciale: chi vigila sui vigilanti?
Laureato in Editoria e Scrittura all’Università La Sapienza di Roma, è giornalista freelance, content creator e social media manager. Tra il 2018 e il 2020 è stato direttore editoriale della rivista online che ha fondato nel 2016, Artwave.it, specializzata in arte e cultura contemporanea. Scrive e parla soprattutto di arte contemporanea, lavoro, disuguaglianze e diritti sociali.