Nel videogioco Blippo+ del gruppo musicale YACHT (Jona Bechtolt, Claire L. Evans e Rob Kieswetter) e Panic giochiamo a guardare la televisione. Non è la televisione attuale, fatta di piattaforme e streaming e programmi on demand: la TV di Blippo+ ricorda piuttosto quella tradizionale e lineare con pochi canali e una programmazione fissa che prosegue indipendentemente da noi. Anzi, ricorda proprio gli show della fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90. Ma tutto è un po’ più strano. Lo è perché Blippo+ è (nella finzione) un network televisivo extraterrestre: il suo segnale ci arriva dal lontano pianeta Blip attraverso una distorsione chiamata “the Bend” (la piega). E lo è perché Blippo+ (fuori dalla finzione) è stato realizzato coinvolgendo per un anno più di 100 persone della scena artistica underground di Los Angeles e filmando con vere telecamere analogiche grazie ai Telefantasy Studios di Jennifer Juniper Stratford.
La TV lineare è speciale per la sua capacità di creare “esperienze condivise”, ci raccontano durante una videochiamata Bechtolt ed Evans, nota anche come giornalista specializzata in tecnologia e autrice di Connessione. Storia femminile di internet (Luiss University Press, 2020). “È il fatto di vedere qualcosa insieme, di viverlo insieme e poi di poterne discutere” spiega Bechtolt. “Nell’era dello streaming abbiamo accesso a una quantità infinita di roba sia sui social media sia in televisione” aggiunge Evans. “Maratoni intere stagioni. Mentre nella vecchia televisione c’è un inizio, uno svolgimento e una fine. C’è questa specie di pacchettino perfetto con il suo titolo e la sigla e tutto sta bene lì nel suo spazietto. Ed è molto interessante poterci giocare”.

Blippo+ è uscito inizialmente in una versione programmata da Dustin Mierau per Playdate, la piccola console portatile di Panic caratterizzata da una manovella e da uno schermo a 1 bit: le sue immagini sono composte solo da pixel bianchi o neri. Tecniche di dithering, in pratica pattern più o meno densi di puntini neri, sono usate per rendere la scala di grigi. I giochi per Playdate sono distribuiti online in formato digitale attraverso un’apposita piattaforma, ma Panic a differenza di compagnie come Nintendo, Sony e Microsoft non ha imposto un controllo assoluto su quello che esce per il suo dispositivo. Anzi, ha reso gratuitamente disponibili gli strumenti di sviluppo, e possiamo caricare sulla console tutti i videogiochi che vogliamo collegandola via cavo a un computer o trasferendoceli online. Alcuni videogiochi vengono inoltre pubblicati su Playdate all’interno di “stagioni”. La prima stagione è inclusa nell’acquisto della console, con 24 giochi distribuiti lungo 12 settimane. Blippo+ fa parte invece della seconda stagione, che è disponibile a pagamento da maggio 2025 e comprende altri 12 videogiochi distribuiti lungo 6 settimane.
L’interfaccia di Blippo+ si presenta come una guida elettronica a canali che ripetono ciclicamente la loro programmazione. È una programmazione fatta di brevissimi show, omaggi a diversi generi televisivi dalle previsioni del meteo al talk show, dal notiziario alla “tv dei ragazzi”, dall’infoteinment scientifico allo show di cucina (sempre notevoli i costumi, progettati da Kiki Stash). Ogni settimana Blippo+ viene poi aggiornato con una nuova programmazione che va a sostituire la precedente, e dopo la fine di ogni completa messa in onda, che dura in tutto 11 settimane, ricomincia da capo. A settembre Blippo+ è uscito anche a colori per Windows e Nintendo Switch ma in questa versione, realizzata insieme a Noble Robot, si avanza nel tempo sbloccando pacchetti con i programmi delle settimane successive ed è sempre possibile tornare indietro. Di settimana in settimana (o di pacchetto in pacchetto) si compone una narrazione più ampia che parla di questo improbabile contatto alieno attraverso la TV, di controllo sull’informazione, di comunità e di rivoluzione. E di spettri, perché Blippo+ è soprattutto una storia di fantasmi.

Lo stesso nome del pianeta Blip rimanda in inglese a un’immagine fantasma rimasta sullo schermo, e già ai tempi del telegrafo e delle prime tecnologie senza cavo i mezzi di comunicazione a distanza “contenevano allettanti promesse di contatti con i morti nell’aldilà e con gli alieni di altri pianeti”, come spiega Jeffrey Sconce in Haunted Media. Electronic Presence from Telegraphy to Television (Duke University Press, 2000). Blippo+ si inserisce allora in una lunga tradizione di storie che immaginano cosa succederebbe se tali promesse venissero mantenute, in questo caso persino contemporaneamente. Secondo quando scoperto sul pianeta Blip, mentre sono in vita le persone liberano particelle di coscienza che restano nell’atmosfera anche dopo la loro morte. E grazie a una tecnologia sviluppata dallo scienziato Ned Telson (interpretato da Cosmo Segurson) è possibile usare queste particelle non solo per costruire sistemi di telecomunicazione come Blippo+ ma anche per parlare con persone decedute, come Telson fa nel suo show Brain Drain.
Proprio perché vede la televisione come un medium insieme medianico ed extraterrestre, Blippo+ ci permette di entrare in comunicazione anche con spettri molto meno soprannaturali o fantascientifici. È un’opera hauntologica, per tornare al concetto di hantologie/hauntology coniato dal filosofo francese Jacques Derrida: è un’opera che parla di ciò che, come uno spettro, insieme c’è e non c’è, cioè di ciò che il sistema capitalista ha cercato di rimuovere e che invece continua a infestarci. Un’apparizione fantasmatica che ci arriva frammentaria e in loop sia attraverso uno spazio piegato sia attraverso un tempo scardinato. “Il pianeta Blip è molto simile alla Terra”, nota Evans. “È come se l’era della televisione ad accesso pubblico e della video arte e della televisione generalista e della prima TV via cavo fosse continuata in una linea temporale separata”.
Blippo+ non è quindi (o almeno non è solo) nostalgia, non è una fantasia su un pianeta rimasto fermo a 40 anni fa. L’estetica anni 80-90 serve semmai a raccontare il futuro (ormai, il presente) che quel passato aveva suggerito e che non è mai arrivato, e Blip non è un mondo alieno ma una Terra di una dimensione alternativa in cui la TV è “controllata e fatta da artisti, e non da dirigenti d’azienda e capitalisti”, come dice Bechtolt. In questo, Blippo+ assomiglia alle varie estetiche di internet discusse da Valentina Tanni in Exit Reality (Nero, 2023), come la vaporwave o il Frutiger Aero. “C’è qualcosa in comune tra i primi tempi della televisione via cavo e i primi tempi di internet” afferma Evans. “Prima che il potere costituito limitasse queste tecnologie e le rendesse solo macchine per stampare denaro ci sono sempre state queste opportunità e il mondo di Blippo+ si chiede cosa sarebbe successo se quei poteri non ci fossero stati e avessimo potuto esplorarle”.
La riprova che Blip non sia davvero un mondo alieno è che Blippo+ è stato sviluppato sulla Terra da esseri umani terrestri e in carne e ossa (alla fine del videogioco li potete vedere al lavoro tra papere e dietro le quinte). È pure stato realizzato con tecnologie che sarebbero comunemente considerate obsolete, ed è stato pubblicato su una console con uno schermo a 1 bit. È questa la vera infestazione del futuro perduto: ci fa ricordare che un altro presente sarebbe stato possibile, anzi che magari è ancora possibile. Come scrive il filosofo britannico Mark “k-punk” Fisher in Spettri della mia vita. Scritti su depressione, hauntologia e futuri perduti (traduzione di Vincenzo Perna, minimum fax, 2019) “[l]o spettro non ci consentirà di adattarci alle/accontentarci delle mediocri soddisfazioni che un individuo può raccattare in un mondo governato dal realismo capitalista”, cioè dall’idea che non esista alternativa al sistema di produzione capitalista. “Blippo+ è un invito” conclude così Bechtolt. “È un modo per dirvi che anche voi potete farlo. Potete creare la vostra TV. Un’altra televisione è possibile. Un altro mondo è possibile”.
Matteo Lupetti si occupa di critica di arte, arte digitale e videogioco su testate come Artribune e Il Manifesto e all’estero. Ha fatto parte della redazione della rivista radicale menelique e della direzione artistica del festival di narrazioni di realtà Cretecon. Il suo primo libro è “UDO. Guida ai videogiochi nell’Antropocene” (Nuove Sido, Genova, 2023), rilettura del medium videoludico nell’epoca del cambiamento climatico e all’interno dei nuovi percorsi multisciplinari che mettono in primo piano il non umano e la sua agency.