Super-Cervelli
di Camilla Fatticcioni
In Cina un team di ricercatori ha presentato la prima interfaccia cervello-computer bidirezionale (BCI) in grado di “apprendere” insieme al cervello umano, moltiplicando l’efficienza della trasmissione neurale di oltre cento volte.
Immaginate di svegliarvi una mattina come tante altre, ma con un piccolo dispositivo sul cuoio capelluto che vi permette di rispondere alle mail di lavoro semplicemente con il pensiero, mentre vi bevete un caffè. No, non si tratta della trama di un nuovo episodio di Black Mirror, ma di una realtà ormai annunciata da qualche mese da un team di ricercatori cinesi che ha presentato la prima interfaccia cervello-computer bidirezionale (BCI) in grado di “apprendere” insieme al nostro cervello, moltiplicando l’efficienza di trasmissione neurale di oltre cento volte.
Lo scorso febbraio, uno studio firmato da Tianjin University e Tsinghua University è apparso sulla pubblicazione Nature Electronics, descrivendo un sistema BCI capace di adattarsi in tempo reale ai segnali cerebrali, grazie all’uso di memristore – componenti elettronici che imitano la plasticità sinaptica – integrati in un decoder che evolve insieme al paziente. Questo approccio supera le tradizionali funzioni unidirezionali, in cui la macchina si limita ad interpretare un pensiero senza restituire dei veri e propri feedback. Questa innovazione apre la strada alla creazione di dispositivi e accessori portatili personali, ma anche a delle vere e proprie conquiste in campo medico per la riabilitazione di pazienti con lesioni cerebrali.
Pochi mesi fa, un’azienda affiliata al Chinese Institute for Brain Research (CIBR) ha annunciato i primi tre impianti semiflessibili eseguiti su pazienti paralizzati, con un costo per procedura stimato intorno ai 6.552 yuan (circa 900 dollari). I pazienti, grazie a questi dispositivi, sono riusciti a controllare computer, braccia robotiche e persino a riprodurre alcuni suoni del linguaggio, grazie a un sistema semi-invasivo che promette di democratizzare l’accesso alle BCI, fino a ieri appannaggio di pochi centri d’eccellenza. Lo scorso 5 gennaio la rivista Global Times ha riportato un risultato sorprendente: un paziente con lesioni cerebrali a Shanghai ha “pensato” le parole ‘2025 Happy New Year’ trasmettendo il messaggio sullo schermo di un computer in tempo reale. L’impianto, una pellicola elettronica flessibile, ha registrato l’ intenzione e decodificato il linguaggio con un’accuratezza del 71% su 142 sillabe cinesi e un ritardo inferiore ai 100 millisecondi. In soli sette giorni di allenamento post-operatorio, il paziente ha potuto comunicare nuovamente elaborando frasi più complesse.
Le prospettive vanno ben oltre la rieducazione motoria: immaginate ex-atleti desiderosi di affinare tempi di reazione, professionisti del gaming che sfruttano pensieri diretti come comandi di gioco, o manager capaci di scrivere rapporti e email semplicemente focalizzandosi su alcune idee chiave. In Cina, il governo sta già strutturando delle linee guida per la regolamentazione dei costi, ma rimane aperto il dibattito sulle implicazioni di una tecnologia che potrebbe accentuare disuguaglianze nell’accesso ad un vero e proprio “super-cervello”.
E mentre Netflix ci mette in guardia con scenari distopici, nella comunità scientifica cresce la riflessione etica: fino a che punto un individuo resta “umano” se il suo pensiero viene filtrato da un algoritmo? Quali sono le soglie di miglioramento cognitivo? Così come il dibattito su privacy, sovranità mentale e possibili abusi di questa tecnologia, dal neuromarketing a abbonamenti premium per avere funzioni cerebrali più efficienti (e questo sì, è effettivamente la trama del primo episodio della nuova stagione di Black Mirror).
Se l’Occidente guarda ancora all’innovazione tecnologica come una possibile minaccia, la Cina si concentra sugli innumerevoli vantaggi. Le potenzialità economiche sono enormi: nel 2024 il mercato globale delle BCI valeva già 2,5 miliardi di dollari e le previsioni parlano di un’esplosione oltre i 10 miliardi entro il 2030.
La linea tra organico e artificiale si fa sempre più sottile. A differenza della finzione distopica, si parla di pazienti che riacquistano la voce, tetraplegici che muovono di nuovo la mano tramite un braccio robotico, e un universo di possibilità riabilitative che fino a ieri sembravano fantascienza.
Camilla Fatticcioni
Dopo la laurea in lingua cinese all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla ha vissuto in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 ha iniziato un master in Storia dell’Arte presso la China Academy of Art di Hangzhou, interessandosi all’archeologia e laureandosi nel 2021 con una tesi sull’iconografia buddista delle grotte di Mogao a Dunhuang. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società cinese contemporanea, Camilla collabora con diverse riviste e cura la rubrica Chinoiserie per China Files.