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Le Olimpiadi dei Robot in Cina

Le Olimpiadi dei Robot in Cina

A Pechino si è tenuta la prima edizione dei World Humanoid Robot Games, con gare di corsa, kickboxing e calcio, che hanno messo in luce i progressi della robotica, ma anche i suoi limiti.

Guardarli partecipare a competizioni sportive, però, ci ha rassicurato sul fatto che non accadrà troppo presto. Impacciati, poco atletici e non proprio coordinati: così sono apparsi i partecipanti alla prima edizione dei World Humanoid Robot Games, che si è tenuta a Pechino ad agosto. Gli atleti robotici, provenienti da 16 paesi tra cui Stati Uniti, Germania e Giappone, si sono sfidati in una serie di discipline, dall’atletica leggera al calcio, dalla danza alle arti marziali.

Se nelle competizioni tradizionali di kickboxing la forza di un partecipante si misura sulla resistenza fisica a lesioni spesso gravi, i concorrenti robotici saliti sul ring a Pechino hanno messo alla prova piuttosto la durata della batteria e l’equilibrio.
  I World Humanoid Robot Games non sono stati altro che un’occasione per testare le capacità decisionali, motorie e di controllo dei robot, che in futuro potrebbero trovare applicazione in contesti di vita reale. Niente scontri all’ultimo sangue tra robot, insomma, come nel film Real Steel con Hugh Jackman, ma semplici test di resistenza e funzionalità.

Alcuni robot hanno eseguito salti mortali all’indietro, superando percorsi a ostacoli e terreni accidentati. In altri casi, invece, le loro capacità atletiche hanno lasciato a desiderare. Durante le partite di calcio, ad esempio, i robot si sono ammassati e sono caduti l’uno sull’altro come tessere del domino, lasciando un solo giocatore con la palla. Dopo numerosi tentativi a vuoto, quest’ultimo è riuscito finalmente a colpirla e a segnare. Un altro robot si è invece dovuto ritirare dalla gara dei 1500 metri perché la testa gli è letteralmente volata via a metà percorso.

Immagine via Google Creative Commons.

Una delle principali difficoltà, infatti, è stata mantenere la testa in equilibrio durante le sfide di velocità.
Nonostante ciò, un robot della Unitree Robotics ha vinto la medaglia d’oro nei 1500 metri con un tempo di 6:34:40. Sebbene molto più lento del campione norvegese Jakob Ingebrigtsen, che detiene il record di 3:29:63, l’umanoide si è dimostrato comunque più veloce di diversi corridori amatoriali in carne e ossa.

I giochi sono stati anche un’altra importante vetrina per la Cina, che già a gennaio aveva stupito il mondo durante il Gala di Capodanno con i suoi robot danzanti. Sui social hanno poi iniziato a spopolare immagini di maratone di androidi e di influencer che affittano robot per un giorno.

Eventi di questo tipo, molto seguiti online, riflettono però una realtà geopolitica più seria: l’intensificarsi della competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina, che potrebbe ridefinire i confini dell’intelligenza artificiale. La tecnologia è ormai un punto nevralgico nelle relazioni tra i due paesi. Se da un lato Washington mantiene il primato nella ricerca di frontiera, imponendo restrizioni sull’esportazione di chip avanzati verso Pechino, dall’altro la Cina punta tutto sulle applicazioni pratiche, come la robotica.

Diverse città, tra cui Pechino e Shanghai, hanno istituito fondi per l’industria robotica pari a 10 miliardi di yuan (circa 1,4 miliardi di dollari). A gennaio, la Banca Popolare Cinese ha annunciato piani per un sostegno finanziario di 1.000 miliardi di yuan (circa 140 miliardi di dollari) all’industria dell’intelligenza artificiale nei prossimi cinque anni.

Oltre a generare pubblicità positiva sui social media, la Cina considera gli umanoidi una possibile risposta ai problemi causati dall’invecchiamento della popolazione e dalla riduzione della forza lavoro. Un recente articolo pubblicato sul People’s Daily, organo ufficiale del Partito Comunista Cinese, ha affermato che i robot potrebbero offrire supporto pratico ed emotivo agli anziani. Gli umanoidi potrebbero inoltre sostituire i dipendenti nelle linee di produzione, mentre il governo cerca di riqualificare e distribuire la forza lavoro in settori più tecnologici.

Ma nonostante l’entusiasmo, resta un enorme divario tra gli umanoidi che inciampano su un pallone e quelli in grado di svolgere in modo affidabile le attività quotidiane. Interagire in sicurezza con esseri umani vulnerabili sarebbe un traguardo ben più complesso. La casa, probabilmente, sarà uno degli ultimi luoghi in cui troveremo un robot umanoide, per questioni di sicurezza.

Attività apparentemente banali, come maneggiare un coltello da cucina o piegare il bucato, richiedono infatti tecnologie avanzatissime. Una mano umana ha circa 27 “gradi di libertà”, ovvero movimenti indipendenti nello spazio. L’umanoide Optimus di Tesla, uno dei modelli più sofisticati sul mercato, ne ha 22.

In Cina, la volontà politica e pubblica è fermamente a favore degli umanoidi, ma per ora  i robot restano più un divertente spettacolo da palcoscenico che un reale concorrente nella vita di tutti i giorni. Ma la direzione è chiara: la loro evoluzione non si misura solo nella loro abilità, ma nel potenziale di trasformare il nostro futuro sociale ed economico.

In Cina, la volontà politica e pubblica è fermamente a favore degli umanoidi, ma per ora i robot restano più un divertente spettacolo da palcoscenico che un reale concorrente nella vita di tutti i giorni. La direzione, però, è chiara: la loro evoluzione non si misura soltanto nella coordinazione o nella velocità, ma nel potenziale di trasformare il nostro futuro sociale ed economico. Come ricorda una celebre battuta di Io, Robot: “Tu sei solo una macchina, un’imitazione della vita. Un robot può scrivere una sinfonia? Un robot può trasformare una tela bianca in un’opera, in un capolavoro?”. “Tu puoi?”, rispondeva l’androide, senza sarcasmo. Una provocazione che oggi suona più attuale che mai.

Camilla Fatticcioni

Studiosa di Cina e fotografa. Dopo la laurea in lingua Cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia, Camilla ha vissuto in Cina dal 2016 al 2020. Nel 2017 inizia un master in Storia dell’Arte alla China Academy of Art di Hangzhou interessandosi di archeologia e laureandosi nel 2021 con una tesi sull’iconografia Buddista delle grotte di Mogao a Dunhuang. Combinando la sua passione per l’arte e la fotografia con lo studio della società contemporanea Cinese, Camilla collabora con alcune riviste e cura per China Files la rubrica Chinoiserie.