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Tecnologie animali: quando la natura anticipa l’ingegno umano
di Laura Cocciolillo
Siamo spesso portati a concepire la tecnologia come frutto esclusivo dell’ingegno umano, una prerogativa della nostra specie per dominare e trasformare il mondo. Tuttavia, nell’osservare il rapporto tra uomo, creatività e tecnologia, non possiamo evitare di chiederci: e se esistessero altre forme di ingegno? Nell’indagare questa tesi ci viene in aiuto Jussi Parikka, che nel suo saggio seminale Insect Media: An Archaeology of Animals and Technology propone una rottura radicale di questa visione antropocentrica, suggerendo che la tecnologia non sia esclusivamente umana, ma piuttosto un processo distribuito, inscritto anche nei corpi e nei comportamenti degli animali. Le forme di comunicazione, costruzione e organizzazione degli insetti — dalle danze delle api ai tunnel delle termiti — diventano allora strumenti concettuali per rileggere la nostra stessa idea di media e innovazione.
Parikka apre la strada a una lettura postumana della tecnologia, mostrando come già nel XIX secolo entomologi e filosofi riconoscessero negli insetti delle forme di “tecnicità naturale”. Le ragnatele dei ragni erano descritte come sistemi di comunicazione, vere e proprie tele di segnalazione, capaci di trasmettere informazioni sul tipo e il peso della preda impigliata. Gli alveari delle api, con le loro geometrie perfette, anticipano l’ingegneria modulare e il design algoritmico. E ancora: i segnali acustici dei cetacei, le danze vettoriali delle api o le architetture collettive delle termiti configurano ambienti cognitivi e sistemi distribuiti che operano senza un centro, seguendo logiche di swarm intelligence — intelligenza dello sciame — che oggi troviamo nelle reti neurali artificiali e nei robot autonomi.
Una delle intuizioni chiave del testo è l’uso dell’etologia — lo studio del comportamento animale — come paradigma per pensare i media. Jakob von Uexküll, etologo del primo Novecento, sosteneva che ogni animale vive in un “Umwelt”, un mondo percettivo costruito in relazione al proprio corpo e alle proprie capacità sensoriali. Se estendiamo questa logica, possiamo dire che ogni medium — naturale o tecnologico — crea un proprio Umwelt: una realtà di segnali, flussi e percezioni. In questo senso, il media non è solo uno strumento, ma un campo di forze, un ambiente transindividuale dove le percezioni prendono forma. La tecnologia, allora, non si limita agli oggetti umani: è ciò che permette l’orientamento, la memoria, la connessione. È presente in natura come infrastruttura invisibile del vivente.
Il parallelismo tra insetti e tecnologie digitali diventa evidente nel modo in cui i primi ispirano il design di sistemi computazionali contemporanei. Parikka cita i “boids” di Craig Reynolds: simulazioni digitali che riproducono il comportamento collettivo degli stormi e degli sciami . Questi algoritmi, basati su regole semplici di prossimità e direzione, sono stati impiegati nel cinema e in ambiti militari per la coordinazione automatica di droni. La semplicità dei singoli agenti produce complessità emergente: una lezione che arriva direttamente dalle formiche e dalle api.
L’interesse per l’insetto non è solo scientifico o artistico: è profondamente politico. Le strutture decentralizzate degli sciami sono diventate metafore operative per la guerra asimmetrica e il potere biopolitico.
E ancora, sono numerose le opere contemporanee che incorporano esplicitamente forme di vita non umane. Si pensi a Garnet Hertz, che ha realizzato un robot guidato da una blatta, o al film sperimentale Wax, or the Discovery of Television Among the Bees di David Blair, dove la percezione delle api diventa metafora di una nuova forma di mediazione sensoriale. Anche nella bioarte troviamo esempi emblematici, come l’installazione Swarm di Timo Kahlen, che trasforma uno spazio fisico in un ambiente sonoro immersivo, fatto di ronzii d’api e vibrazioni — una forma di “arte per insetti”, come la definisce Matthew Fuller. E ancora, è impossibile non citare le “ragnatele” di Tomás Saraceno.
L’interesse per l’insetto, spiega Parikka, non è solo scientifico o artistico: è profondamente politico. Le strutture decentralizzate degli sciami sono diventate metafore operative per la guerra asimmetrica e il potere biopolitico. L’organizzazione delle termiti e delle api è stata usata per ripensare la governance, le tecnologie di sorveglianza e il controllo algoritmico. Il paradigma dello sciame, in quanto rete senza centro, è oggi centrale tanto nel funzionamento dei social network quanto nella teoria dei media.
Questo porta a una riflessione critica sulla natura del potere nella tecnosfera contemporanea. Se gli insetti ci insegnano una forma di intelligenza distribuita, ci mettono anche di fronte al rischio dell’automatizzazione totale, dell’emergere di sistemi fuori controllo — come già immaginato dalla cibernetica di Norbert Wiener o nella figura dello “sciame senza soggetto” evocata da Michael Hardt.
È fondamentale sottolineare che questa indagine non implica un invito a sfruttare la natura come un serbatoio di soluzioni tecnologiche pronte all’uso. L’intento non è affermare che l’essere umano possa semplicemente “attingere” al mondo naturale per apprenderne i meccanismi e farli propri, poiché un simile atteggiamento rischierebbe di riprodurre una mentalità colonialista nei confronti del vivente. Al contrario, il senso ultimo di questa riflessione è di ridimensionare la centralità dell’umano, rompendo con l’antropocentrismo e riconoscendo che l’intelligenza e la tecnologia non sono prerogative esclusivamente umane. Ciò significa immaginare forme di collaborazione e co-evoluzione con le altre specie e con i sistemi naturali, invece che processi di appropriazione o dominio. In definitiva, accogliere la prospettiva delle tecnologie del vivente significa riconoscere che la mediazione e l’intelligenza sono distribuite ben oltre l’umano, e che solo a partire da questa consapevolezza possiamo immaginare pratiche tecnologiche davvero sostenibili.
Laura Cocciolillo
È una storica dell’arte specializzata in arte e nuove tecnologie e in estetica dei nuovi media. Dal 2019 collabora con Artribune (di cui attualmente si occupa dei contenuti di nuovi media). Nel 2020 fonda Chiasmo Magazine, rivista indipendente e autofinanziata di Arte Contemporanea. Dal 2023 è web editor per Sky Arte, e dallo stesso anno si prende cura, per art-frame, della rubrica “New Media”, dedicata all’arte digitale.