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CLUSTER

Le community musicali non sono più quelle di una volta: essere utenti di una piattaforma musicale nel 2025

di Pierluigi Fantozzi

Cluster esplora i nuovi sensi che si aggregano attorno a correnti musicali del passato e del presente, alle loro estetiche e pratiche. Come l’accordo dissonante da cui prende il nome, Cluster metterà in luce contrasti e accordi del rapporto tra suono e le  comunità che si costruiscono attorno ad esso.

Chi si ricorda di quando si potevano inviare messaggi su Spotify? Nessuno, vero?
D’altronde, la funzione non esiste più dal lontano 2017: un’era fa, considerando che nel frattempo abbiamo attraversato anche lo spartiacque della pandemia.

Introdotta nel 2012, la chat era stata accolta con curiosità dagli utenti della piattaforma, che però l’avevano rapidamente abbandonata. Così, pochi anni dopo, Spotify prese la “difficile decisione” di eliminarla. Quanto mai possa essere stata “difficile” questa scelta per il c.d.a. del colosso svedese, o se si trattò solo di un’espressione pescata da un freddo formulario per comunicati, è impossibile da sapere. Di certo, per alcuni utenti fu un passo indietro poco gradito e segnò il colpo di grazia per la già fragile community della piattaforma.

Community: una parola molto usata nel linguaggio di internet, che indica un gruppo di persone accomunate dallo stesso interesse e in dialogo attraverso la rete. Sebbene sia ancora in voga, sa di desueto per chi ricorda il ruolo cruciale che i forum hanno avuto fino all’avvento dei social network. Nei forum, gli utenti potevano dialogare più naturalmente rispetto ai social: le discussioni e i commenti seguivano un semplice ordine cronologico. Con l’avvento dei social network, invece, il principio temporale è stato sostituito dal più complesso e algoritmico criterio di “rilevanza”, che non è altro che un gioco di parole per dirci dall’alto: “ti mostro io cos’è importante”.

Così, su Instagram o Facebook, in cima ai commenti troviamo spesso quelli che generano più odio o più simpatia, oppure quelli perfettamente controversi. Tenere traccia dell’ordine cronologico di una conversazione è diventato pressoché impossibile, tanto che viene da chiedersi: quella che avviene in una sezione commenti è davvero una conversazione? Va da sé che anche il concetto di community ne esce profondamente trasformato: l’infrastruttura in cui si sviluppa non è più la stessa.

Daniel Ek - fondatore e presidente di Spotify

Anche le piattaforme musicali hanno assorbito questa logica, cambiando il modo in cui gli utenti interagiscono con la musica e tra di loro. La diffusione e la fruizione della musica oggi avvengono quasi esclusivamente su piattaforme che non hanno nulla a che fare coi forum e ben poco con i social network. Tuttavia, questo non significa che le community abbiano smesso di esistere.

La community di SoundCloud, ad esempio, è viva e vegeta. Fondata nel 2007, la piattaforma è tra le più utilizzate da artisti ed etichette indipendenti. Sebbene negli ultimi anni abbia compiuto scelte impopolari, come l’introduzione nel 2019 di un limite di caricamento per gli utenti senza abbonamento PRO, rimane il servizio con la community più attiva. Ogni artista può curare il proprio profilo, con le informazioni di contatto ben visibili. Soprattutto, esiste una chat e una sezione commenti immune agli algoritmi: ogni commento è ancorato a un preciso minutaggio della traccia, creando una forma di interazione spontanea e diretta.

Bandcamp, dal canto suo, ha una platea affezionata. Sebbene gli utenti non possano comunicare tra loro o discutere sui brani ascoltati, molti aspetti della piattaforma contribuiscono a far sentire gli ascoltatori parte di qualcosa di più grande. In primis, l’acquisto di una traccia o di un album dà la certezza di sostenere direttamente l’artista. Non meno rilevante è stata l’introduzione dei “Bandcamp Fridays”: un’iniziativa nata nel 2020, durante la pandemia, in cui la piattaforma rinuncia alle commissioni sulle vendite, lasciando agli artisti il 100% dei ricavi. Molto apprezzata è anche la sezione editoriale, ricca di approfondimenti musicali.

Bandcamp ha costruito un’aura apparentemente immacolata, che non sembra scalfita nemmeno dalla recente acquisizione da parte del colosso Epic Games (Fortnite, Unreal Engine…) né dalla sua rapida cessione a Songtradr.

Spotify, invece, è la più popolare di tutte, ma è di fatto una piattaforma senza comunità: non favorisce l’interazione tra gli utenti e non permette loro di lasciare alcunché di scritto (se non sotto i podcast). Siamo distanti anni luce dai forum: Spotify è un prodotto della seconda fase del web, dominata dagli algoritmi, dove l’ordine cronologico è secondario rispetto a ciò che la piattaforma ritiene più adatto a ciascun utente. Funziona ottimamente, forse fin troppo bene, e il suo monopolio al momento appare incontrastato, nonostante le controversie sorte intorno a Daniel Ek, presidente e fondatore della piattaforma, legate al suo coinvolgimento politico con Donald Trump, e alcuni suoi recenti investimenti nell’industria bellica.

In un panorama digitale dominato dall’efficienza e dalla personalizzazione algoritmica, le community musicali resistono in angoli sempre più ristretti, ma esiste ancora la volontà di uno scambio autentico e di una partecipazione attiva al discorso musicale. Ma finché la scoperta della musica sarà delegata a un’intelligenza che ottimizza il consumo anziché favorire il dialogo, resta il dubbio che qualcosa di essenziale si sia perso per strada. Forse è solo nostalgia dei forum, o forse è il bisogno, ancora attuale, di sentirsi parte di una storia comune—non solo spettatori, ma interlocutori.

Pierluigi Fantozzi

Pierluigi Fantozzi, 1995, è un musicista. Si è laureato all’Accademia Nazionale del Jazz di Siena, conseguendo il titolo magistrale al Conservatorio di Bologna. Clarinettista, ha militato in formazioni jazz, ma ha coltivato un interesse nei confronti della musica elettronica, collaborando anche con Tempo Reale. Dal 2023, entra a far parte del team di Controradio, per cui ha realizzato interviste a importanti figure della scena musicale internazionale. In veste di speaker radiofonico, è alla guida del suo programma “Passabanda”.

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